"Il melo selvatico. Dramma in quattro scene e un epilogo", sarà in scena al Teatro Nobelperlapace di San Demetrio Ne' Vestini (AQ) domenica 19 gennaio alle ore 18:00, nell'ambito dell'ottava edizione della rassegna "Strade".
Lo spettacolo, scritto da Roberto Melchiorre e diretto da Giancarlo Gentilucci, è il quarto capitolo di un lavoro di ricerca che l'ass. cult. Arti e Spettacolo (dello stesso Gentilucci) ha svolto sul territorio dopo il terremoto. Segue infatti “Dalla poesia di Fabrizio De André al terremoto” a cura di Giancarlo Gentilucci (2009), “Spaesamenti nostalgici” di Giancarlo Gentilucci (2011), “Mille giorni – racconti dal disastro dell'Aquila” di Tiziana Irti e Antonio Tucci (2012).
"Il melo selvatico" che ha debuttato il 24 luglio scorso a L’Aquila in Piazza San Silvestro nell'ambito del festival “I Cantieri dell’Immaginario 2013” con il titolo provvisorio “Pensieri Sommersi”, è un'indagine su una sorta di naufragio, inteso come risultato di una catastrofe sì naturale, ma anche sociale ed economica, seguendo il pensiero che “Le città sono fatte dagli uomini, gli uomini sono mortali, di conseguenza anche le città sono mortali”.
La messa in scena interpretata da Giacomo Vallozza, Giulio Votta e Tiziana Irti (ma nel video si sentono le voci anche di Gilda Bernabei, Luisa Chelli, Matteo Di Genova, Marzia Ippoliti e Wilma Moscardi), indaga sulla condizione di sospensione che gli abitanti e i luoghi subiscono a seguito di un evento straordinario e catastrofico. E' un viaggio attraverso la perdita della propria identità e la ricerca della stessa, anche sotto una nuova forma. Lo spettacolo ragiona sui temi legati alla distruzione e possibile ricostruzione di una città, distaccandosi da esempi reali e portando l'argomento trattato su un piano universale.
Nelle note di regia Gentilucci afferma: "E' il racconto di uno smarrimento di due personaggi che si aggirano alla ricerca di una meta - forse la loro città - e quando la trovano, capiscono che non è più la città dei loro ricordi, ma un nuovo oggetto che va esplorato, compreso e reinventato in modo diverso. Quello che mi ha stimolato è la percezione di una sorta di stasi esistenziale delle persone, ferme in attesa di una possibile rinascita e della realizzazione di desideri che l'esperienza catastrofica ha suscitato. E’ anche un’esplorazione sul senso di questa esperienza e delle sue drammatiche conseguenze."
L'autore Melchiorre, dal canto suo, dice: "Ci sono argomenti che - per essere trattati fuori dall’agone della cronaca, delle polemiche e dell’emergenza - hanno bisogno di essere osservati con uno sguardo che si ponga ad una giusta distanza. Paradossalmente, in questi casi, è necessario distaccarsi dalla realtà per tentare di comprenderla meglio. Ecco perché ho deciso di affrontare il tema della distruzione/ricostruzione di una città – questione che a L’Aquila assume un valore autenticamente straordinario – scegliendo il registro lirico, metafisico, visionario. "Il melo selvatico", infatti, narra la storia di un viaggio, un viaggio alla ricerca del senso di una fine: quella di una città. In soccorso dei due viaggiatori in cerca di risposte arrivano la poesia, il mito, la filosofia. I coreuti ricordano ai due protagonisti di questo dramma una grande verità: un nuovo inizio è possibile solo dopo aver preso coscienza fino in fondo, senza pietà alcuna, che nulla potrà essere come prima e che non si può ricostruire senza l' utopia e senza il pensiero, non di una nuova città ma di una città nuova.
Le musiche sono affidate a Sandro Paciocco e le coreografie a Romina Masi.
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